Il 3 ottobre 2013 davanti all’isola di Lampedusa, morirono 368 persone tra uomini, donne e bambini: esseri umani braccati da violenze, dittature e povertà, costretti a lasciare la propria terra e i propri affetti nella disperata ricerca di un approdo sicuro e di un’esistenza dignitosa.
Sono passati nove anni da quell’immane tragedia, ma nel nostro Mar Mediterraneo la strage continua.
Dal 2016 il 3 ottobre è diventata la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, in virtù della legge 45/2016, per ricordare e commemorare tutte le vittime dell’immigrazione e per promuovere iniziative di sensibilizzazione e di solidarietà.
In occasione del 3 ottobre la Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multi etnicità) ci rammenta che dal 2014 al 25 settembre 2022 sono stati quasi 25mila i migranti morti e dispersi nelle acque del Mar Mediterraneo nel tentativo di raggiungere la fortezza Europa.
Si mettono in viaggio pagando oltre tremila euro, senza nessuna garanzia di sopravvivere, stipati su barconi fatiscenti, forniti dall’industria del crimine.
Vengono dalla Somalia, dall’Iraq, dalla Siria, dal Sahel, è un pezzo di umanità che bussa alle nostre porte. Sono diseredati, fuggiaschi da pulizie etniche, da guerre di religione, da conflitti tribali.
Nel Canale di Sicilia l’orrore non ha fine: non passa giorno che i pescatori non rinvengano cadaveri impigliati nelle reti. Non tutti intendono fermarsi, molti sono in transito diretti altrove. E’ un fenomeno che ci mette con le spalle al muro, che interroga la nostra coscienza.
Il viaggio verso l’Italia si conferma il più pericoloso: è sulla rotta del Mediterraneo centrale che si registra da sempre il più elevato numero di morti e dispersi, pari a 1.088 dal 1° gennaio al 25 settembre 2022 su un totale di 1.473 su tutte le rotte del Mediterraneo; tra questi 60 erano bambini. La rotta del Mediterraneo resta la più mortale in assoluto, con il 43% di tutti i migranti morti e dispersi nel mondo nei primi nove mesi del 2022.
A nove anni dalla tragedia di Lampedusa, la Sicilia è ancora il principale approdo dei migranti che fuggono verso l’Europa e l’isola continua a registrare incessantemente numerosi arrivi: al 25 settembre se ne contano oltre 51mila su un totale di 69mila in Italia. In particolare l’isola di Lampedusa, da sempre località simbolo delle migrazioni, continua ad affrontare situazioni difficili con un numero di migranti accolti nell’hotspot ben oltre la capienza consentita: in alcuni giorni di luglio- quando gli sbarchi erano particolarmente consistenti – erano presenti 1.600 ospiti su 350 posti disponibili.
Una cosa però è certa: l’Italia è stata lasciata sola a gestire la questione, e ciò è inaccettabile, e finché permarrà la logica del continente assediato, no si faranno progressi, questo è un altro dei nodi in seno al Parlamento Europeo.
Dopo nove anni ciò che succede nel Mediterraneo sembra, però, aver perso interesse, sia tra l’opinione pubblica sia da parte della politica, anche a causa della pandemia, della guerra in Ucraina e degli altri eventi internazionali ed è stato alquanto trascurato anche dalla recente, brutta campagna elettorale. Un’anteprima di ciò che potrebbe accadere nel prossimo futuro, ove le necessarie politiche migratorie volte a una corretta gestione dei flussi potrebbero essere del tutto sacrificate in favore di attività di controllo, in parte gridate e muscolari (dal controllo delle frontiere al blocco navale).
Accoglienza non è solo tirarli a terra, e dar loro un piatto caldo e un tetto. E necessario un segnale di discontinuità, che si dia il via ad una politica europea di accoglienza degna di un consesso civile, e che la vita di questa gente venga trattata come una vita sdegna di essere salvaguardata.