Il rapporto Istat 2022 sulla situazione del Paese affronta, a partire dalla relazione di sintesi del presidente Giancarlo Blangiardo, alcuni tra i problemi più seri e di più difficile soluzione
Blangiardo è un demografo e giustamente insiste nel rilevare la gravità della “questione demografica”. L’ampliarsi del deficit tra nascite e decessi – già avviato da quasi un trentennio – associato alla più recente contrazione del saldo migratorio ha innescato, con continuità dal 2014, una fase di calo della popolazione, accentuato dagli effetti della pandemia, che si è accompagnata a profonde trasformazioni nella sua struttura per età.
All’1°gennaio 2022, secondo i primi dati provvisori, la popolazione residente in Italia scende a cinquantotto milioni e 983 mila unità, cioè 1 milione e 363 mila individui in meno nell’arco di 8 anni. Alla stessa data – notifica Blangiardo – ci sono 188 persone di almeno sessantacinque anni per 100 giovani con meno di quindici anni, cinquantasei in più rispetto a vent’anni fa; nei prossimi decenni si prevede un successivo incremento degli anziani rispetto ai giovani e la proporzione, secondo le stime più recenti, raggiungerà al 1° gennaio 2059 il picco di 306.
Non ci vuole molto a capire che il previsto e crescente squilibrio tra giovani e anziani, finisce per trasferirsi automaticamente a un altro squilibrio: quello tra contribuenti al finanziamento del sistema delle pensioni (cioè chi versa i contributi) e i percettori di un trattamento per un congruo numero di anni.
Contemporaneamente la prima platea si restringe (oltre che per la denatalità, anche per la contrazione del saldo migratorio) la seconda tende ad ampliarsi.
Ma lo strabismo del sistema pensionistico e di sicurezza sociale, influenza non poco lo scenario anche per altri motivi: la popolazione straniera in Italia al 1° gennaio 2022 è di 5 milioni e 194 mila residenti. In quattro anni, è aumentata meno di 200 mila unità. Alla base del rallentamento si collocano sia la riduzione dei flussi migratori in arrivo, sia l’assenza per lungo tempo di quei provvedimenti di regolarizzazione che in passato avevano dato luogo picchi nella registrazione anagrafica dei migranti.
Per comprendere però pienamente le reali dinamiche migratorie nel corso degli ultimi anni si deve considerare un altro aspetto divenuto rilevante nel nostro Paese, come in altri paesi da più lungo tempo meta d’immigrazione: l’acquisizione della cittadinanza.
Tra il 2011 e il 2020 oltre un milione e 250 mila persone hanno ottenuto la cittadinanza italiana e si può stimare che al 1° gennaio 2021 i nuovi cittadini per acquisizione della cittadinanza residenti in Italia siano circa 1 milione e 600 mila.
Il prof. Blangiardo, si sofferma poi sulle molteplici forme contrattuali, presenti nel mercato del lavoro. È bene riflettere su questi dati: Il lavoro tradizionalmente definito come standard, cioè quello individuato nei dipendenti a tempo indeterminato, è in diminuzione.
Nel 2021, queste modalità di lavoro riguardano sei occupati su dieci. Diminuisce il lavoro indipendente, che rappresenta un quinto degli occupati, per effetto del calo degli imprenditori, dei lavoratori in proprio (agricoltori, artigiani, commercianti), dei coadiuvanti e dei collaboratori.
Aumenta il lavoro dipendente a tempo determinato soprattutto con contratti brevi. Quasi la metà dei dipendenti a termine ha un’occupazione di durata pari o inferiore ai sei mesi. Ancora qualche dubbio sul fatto che il lavoro sia il tema centrale in questo Paese?
(A cura di ufficio stampa)